Etichette

Cerca

In hoc signo perdes!

Dopo la telenovela Khelif /Carini, conclusasi a tarallucci e vino con la vittoria del primo e il lauto premio di consolazione per la seconda, il weekend olimpico è culminato nel gesto della pugile bulgara Staneva, che dopo essere stata battuta dal collega taiwanese intersex ha fatto “il segno della X”, come hanno titolato i giornali. E di primo acchito ho pensato all’“in hoc signo vinces” di Costantino.

Che ironia della sorte! Nell’Impero Romano la croce era un segno d’infamia; col cattolicesimo è diventata un simbolo di resurrezione e potere (come ci ha mostrato Djokovic!) e adesso è stata di nuovo degradata a simbolo di una lotta che non dovrebbe nemmeno esistere e che diventerà sempre più radicalizzata. Infatti gli stessi che hanno creato il movimento LGBT stanno ora esasperando le divisioni e ci stanno proponendo di usare la croce – la x – come bandiera per questa nuova guerra per affermare l’ovvio, e cioè che maschi e femmine hanno strutture ossee e muscolari diverse che garantiscono diversi livelli agonistici che NON possono essere paragonati.

Ma il comitato olimpico la “pensa” diversamente, col risultato che le donne (XX) sono state eliminate dalle gare di boxe e quindi in finale si sfideranno due trans, caricature fumettistiche delle femmine che vorrebbero diventare, dotati di testicoli, ma privi delle palle necessarie per battersi contro gli altri maschi (XY come loro). Come qualcuno ha scritto sui social, questa vicenda è stata l’epilogo delle lotte femministe, che volevano l’uguaglianza e ora finalmente l’hanno ottenuta, perdendo tutto il resto.


Ma non tutto è perduto; nel Faust di Goethe Mefistofele si presenta come membro di quella forza che sempre il male vuole eppure sempre il bene crea. Similmente, queste Olimpiadi sono state una messa nera di quart'ordine, officiata da burattini che hanno scimmiottato il rituale sacro che erano i giochi panellenici, ma volendo creare il male, hanno risvegliato le coscienze di molti tra atleti e spettatori.

Per altro, ogni tragedia replicata diventa una farsa, e la tragedia era già stata celebrata nel 2012 a Londra. 12 anni dopo, credendo di aver già vinto, gli Oscuri hanno spinto la loro agenda senza ritegno, col risultato che sempre più persone stanno prendendo coscienza del fatto che la narrativa LGBT è figlia della open society di Soros, e deve crollare. E i primi segni di sgretolamento stanno arrivando.

 

A ben guardare, i rituali di rovesciamento dei valori sono sempre esistiti in ogni epoca e in tutte le civiltà: erano chiamati Carnevale, Saturnalia, All Hallows eve, festa dei folli e con molti altri nomi e sono sempre stati funzionali al potere. Tali cerimonie si basavano infatti sullo stesso principio del "panem et circenses": distrarre le masse a livello materiale per avere il loro consenso, sia sul piano concreto che a livello energetico. Sul piano psicologico e sottile tali rituali marcavano anche l'apertura e la chiusura di certi portali. E chi durate la farsemia ha tenuto occhi e orecchie bene aperti, sa che di rituali per aprire le porte degli Inferi ne sono stati fatti a iosa e en plein air negli ultimi 4 anni; pochi però si aspettavano una simile degenerazione dei giochi olimpici, per partecipare ai quali le Poleis dell'Antica Grecia dichiaravano una pace sacra e inviolabile che permetteva ad atleti e spettatori di muoversi liberamente per tutto il territorio. Noi invece, moderni e tecnologizzati, abbiamo “celebrato” il sabba olimpico senza curarci dei morti a Gaza e in Ucraina.

Come rammenta l’Ecclesiaste, "per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo": le Olimpiadi erano il momento per celebrare bravura e ingegno, resistenza e impegno, forza controllata e resistenza, fratellanza, e lealtà. Ora sono state trasformate in una fiera pornografica d’infimo ordine e di pessimo gusto (chiedetelo ai Belgi che bevendo l’acqua della Senna si sono beccati l’Escherichia Coli)! Gli Oscuri credevano di aver vinto e hanno spinto troppo l’Agenda LGBT, che, lo precisiamo, è parte di un piano preciso e calcolato per distruggere l’essere umano, i cui step precedenti sono stati:

1. la liberalizzazione del sesso è pornografia

2. la liberalizzazione delle droghe è demonizzazione della marijuana e diffusione delle droghe sintetiche

3. la radicalizzazione delle divisioni sociali è in Italia gli Anni di Piombo

4. la legalizzazione del divorzio e dell’aborto è erosione del concetto di “famiglia”

5. la normalizzazione di qualsiasi devianza sessuale è disgregazione dell’individuo

E si potrebbe proseguire.

Per fermare questa deriva spersonalizzante i singoli membri della comunità LGBT dovrebbero capire che sono pedine nelle mani di un’organizzazione che sta sfruttando le loro energie fisiche, mentali e psichiche per creare una società totalmente scollata dalla realtà, e i giochi olimpici ce ne hanno fornito esempi a non finire.

Tutti quanti abbiamo dei giorni in cui non stiamo bene col nostro corpo, è normale in una società in cui gli ideali di perfezione, bellezza e prestanza sono irraggiungibili perché basati su modelli inesistenti in natura. Ma la soluzione non può essere peggiore del problema: né un travestimento, né tantomeno il chirurgo plastico possono risolvere il disagio che la società stessa ha creato e alimenta. E lo alimenta perché il malessere è funzionale a tenerci divisi e a farci dibattere nel mondo materiale, dimentichi che esistono altre realtà, ben più elevate.

Jung diceva che la vita è un lungo processo di individuazione grazie al quale la persona (dal latino per sonare: suonare attraverso) diventa un individuo (un essere non diviso). Persona era anche il termine con cui nel teatro latino si indicava la maschera che gli attorni indossavano sulla scena. Per diventare un individuo occorre quindi gettare le maschere, direbbe Pirandello – non travestirsi…

La base del lavoro su di sé è sempre il corpo. In alchimia il corpo corrisponde all’elemento Terra, e proprio nell’umiltà della Terra, nell’humus, ricchissimo e vilipeso, sta la vera ricchezza. Siamo noi la materia prima da porre nel crogiuolo. La croce è quindi un segno di vittoria anche alchemica. E forse è ora di rimettere al loro posto i simboli con cui finora si è giocato.

Tanto sentivo di dover dedicare alle Olimpiadi francesi, le più assurde di sempre. E dopo questo trittico polemico, posso finalmente tornare a dedicarmi a “quando dio era una donna”.

 

Restate connessi! 

Angela di carta-pesta… e di carta-moneta

Ancora un pensiero su Angela.

Nei giorni precedenti e in quello successivo all’incontro tra Angela Carini, pugile e poliziotta, e l’algerino Imane Khelif il web e il mondo reale sono stati scossi da un putiferio di critiche, insulti, accuse, voci che si ergevano a difesa di chissà quali diritti violati del pugile maschio e cori di lodi e gloria al coraggio di Angela.

Siccome però 3 anni di farsemia non si attraversano a vuoto, molti avevano capito che era tutto un trucco; everything was staged. Lo stesso Massimo Mazzucco l’aveva segnalato ieri sera qui https://luogocomune.net/news-internazionali/olimpiadi-l%E2%80%99ombra-lunga-di-soros dove spiega che la famigerata teoria gender è figlia della open society propugnata da Soros.

Anche la sottoscritta era giunta alle stesse conclusioni (qui https://stellapik.blogspot.com/2024/08/quando-luomo-picchiava-la-donna.html?fbclid=IwY2xjawEbRYFleHRuA2FlbQIxMQABHa4WVBzKEYHFszzSUI3Z91VDnvHR8rKiC5fc4HNdsCXtcMTU7DEBA8k0-A_aem_zf-iPKRzhq5ZBWWfBnUf1g&m=1) e a riprova di ciò è di oggi 3 Agosto la notizia che “La federazione internazionale voleva premiare la pugile campana che si è ritirata dopo 46" nel match contro Khelif: "Per noi ha vinto l'oro". https://www.rainews.it/tgr/campania/articoli/2024/08/angela-carini-premio-di-100000-dollari-dalliba-per-noi-ha-vinto-loro-7184a2e2-3492-4d60-a70e-d0d12ebe5dd5.html 


In pratica i 46 secondi di finzione sul ring hanno reso Angela Carini l’attrice (e la stunt woman) italiana meglio pagata di sempre!

Più che "carina" è stata "caruccia"...


Per altro, come il già citato triennio plandemico ci ha insegnato, nulla accade per caso, ogni dettaglio è studiato e in quest'ottica è significativo che la durata dell'incontro sia stata proposta di 46 secondi. 46 è infatti il numero dei cromosomi che custodiscono l'informazione genetica che determina chi siamo.

Ho precisato prima che la Carini è una poliziotta, perché alcuni ricorderanno che lo stesso mare di indignazione e pressocché la stessa “quantità di energia astrale”, se l’energia astrale è quantificabile, era stata scatenata dagli abissi dell’inconscio come un vero e proprio Kraken dalla vicenda della poliziotta Nunzia Alessandra Schillirò, la “Nandra” che nei primi mesi dell’introduzione del green pass era stata licenziata per essersi rifiutata di sottomettersi al Diktat del Governo del Conte Draghi. Ci eravamo uniti a coorte attorno alla nostra martire, per poi scoprire il suo vero volto di Medusa pochi mesi dopo.

Quella volta la doccia fredda fu come essere su quella dannata porta a galla nell’Atlantico insieme a Di Caprio… Stavolta la doccia fredda è durata un secondo; si vedeva che era finto già ieri e lo si vede oggi ancora di più alla luce del pagamento puntualmente arrivato nelle tasche della pugile. 

Per chiudere il cerchio segnaliamo che il pugile algerino dovrà affrontare nel prossimo turno l’ungherese Luca Hamori (donna, abbiamo verificato), la quale ha dichiarato: “devo combattere contro un uomo” a corredo di una più che eloquente foto pubblicata sui social. Questo è il mostro a cui allude Mazzucco al termine del suo articolo, quando scrive che “i giornalisti nostrani […] si fermano a discutere sui cromosomi degli atleti, e non si sforzano di capire invece il mostro che si agita nell’ombra”.

E concludo dedicando questo pezzo proprio a Massimo, oggi per lui è una giornata particolare. Lo considero un grande giornalista e un grande Uomo, e dietro ogni grande uomo c’è una grande Donna. E ci sarà SEMPRE

 


Quando l’uomo picchiava la donna

Il destino come scelta è un manuale di psicologia esoterica pubblicato il 1° Gennaio 1984 da Thorwald Dethlefsen, psicoterapeuta, filosofo, scrittore ed esoterista tedesco. L’autore spiega che l’uomo crede di agire, ma è agito: la maggioranza del gregge bela ipnotizzata e obbedisce al pastore, ma anche le persone non ipnotizzate obbediscono comunque a dei programmi, di cui però non sono coscienti a causa delle abitudini. Secondo Dethlefsen, tutti gli uomini “dormono” e bisogna svegliarsi prima di poter svegliare gli altri.

L’esoterismo desta coloro che non dormono più così profondamente e sono disposti ad aprire gli occhi: chi vuol seguire la via esoterica deve solo svegliarsi e imparare a guardare e a vedere. Non serve ribellarsi, infatti tutti i sistemi di saggezza insegnano che solo subordinandosi alla legge si diviene liberi.

I recenti fatti olimpici hanno dimostrato quanto facilmente siamo tutti manovrabili ad opera di chi ben conosce la nostra psicologia (e ancor di più la nostra dimensione astrale). L’incontro di ieri tra la “nostra” italiana, donna vera, e l’algerino trans (ma con tutti i gioielli di famiglia ancora nelle mutande)ci ha drenato delle nostre energie, che era esattamente ciò a cui gli Oscuri miravano. Sono astuti e hanno un’esperienza millenaria.

Lo afferma anche Louis Pauwels ne Il Mattino dei Maghi, testo edito nel 1960 e “relegato” nel genere del realismo fantastico, ma che è invece un vero e proprio saggio di esoterismo. Tra le altre cose, l’autore cita anche i Nove Ignoti, un gruppo di saggi che osserva l’umanità con sincera compassione e senza interferire troppo con le vicende terresti e che detiene nove libri che custodiscono tutta la scienza del mondo. Il primo libro è dedicato alle tecniche della propaganda e della guerra psicologica. Sono strumenti che il potere usa da sempre e stavolta è un onore vedere Berlicche all’opera sapendo che è all’opera. Da lui c'è solo da imparare.

Chapeau.

Negli ultimi giorni il nostro piano astrale è stato pesantemente turbato dalla modalità volgarmente woke con cui si sta svolgendo la 33esima edizione delle Olimpiadi moderne.

In un secondo Parigi si è trasformata da Ville Lumière in Ville Lucifer, e forse i roghi delle cattedrali francesi degli ultimi anni (Notre Dame nel 2019, Nantes nel 2020, Rouen tre settimane, per ricordare solo la tripletta più nota) erano solo i prodromi di ciò che ancora deve arrivare, considerato che nel 2028 le Olimpiadi si terranno a Los Angeles, città demoniaca per antonomasia.


L’Agenda 2030 si esplica ormai con sfacciataggine; e dopo aver dissacrato il divino con l’orrida parodia LGBTQ+ dell’ultima Cena, si accanisce anche sull’umano, costringendo gli atleti del triathlon a nuotare letteralmente nella melma. E ieri è arrivato l’immancabile attacco all’Italia, che, ormai lo sappiamo, è il terreno di prova su cui condurre tutti gli stress tests possibili e immaginabili, e gli Oscuri di immaginazione ne hanno tanta!

Sapete tutti di cosa sto parlando: ieri abbiamo assistito all’incontro/insulto tra Angela Carini e il pugile Imame Khelif che si è aggiustato il pacco sul ring. Tutta l’Italia si è indignata (a parte qualche idiota woke); tutti ci siamo stretti attorno alla “povera vittima”, alla quale però qualche saggio amico deve aver consigliato di ritirarsi PRIMA e non dopo i pugni dell’algerino. E questo per due motivi; il primo è che un maschio può superare la forza di una femmina fino al 162%; la seconda è che, se per assurdo la Carini avesse vinto, avrebbe stabilito un pericoloso precedente, sdoganando quest’ennesima follia post-modernista.


Non crediate che la Carini sia la vittima. Lo credete perché la nostra società cattolica occidentale è basata sul triangolo drammatico di Karpman, che prevede l’esistenza di una vittima angariata da un carnefice e soccorsa da un salvatore. Ma come spiega l’analista, salvare la vittima le impedisce di prendere coscienza di chi è e la mantiene in una situazione di bisogno, di cui approfittano sia il carnefice che lo stesso salvatore: il carnefice infatti continuerà a godere nell’infliggere dolore, ma anche il salvatore trarrà piacere dal pensiero di aver soccorso qualcuno. Insomma, dal triangolo drammatico si esce come dal labirinto di Dedalo: in verticale.

Ma torniamo alla Carini. Se è stata la vittima sacrificale, l’ha scelto lei; dal momento in cui ha aderito al sistema, per calcolo o per convinzione, non ha più avuto altra scelta; non si può infatti smettere di sostenere la dittatura e chi si è adeguato nel triennio farsemico ha perso ogni potere personale. La Carini deve fare ciò che le viene imposto, pena la perdita di tutto ciò che ha ottenuto finora. In fondo si trattava di prendere un pugno come ne aveva presi tanti, un po’ più forte, certo, ma tanto bastava. Insomma, si è venduta al sistema.

Per altro, occorre ripeterlo, accettando di combattere contro un trans ha posto un precedente terribile e se per assurdo avesse vinto, avrebbe sdoganato ancora più la folle narrativa woke.

I carnefici (credendo per altro di essere i salvatori) sono stati naturalmente i giudici olimpici, che l’hanno data in pasto a un pugile che ha sì i testicoli, ma non le palle per battersi contro i suoi simili (ossia altri maschi come lui con corredo cromosomico XY come lui). Secondo i giudici quindi Imame, anche in presenza di attributi maschili, è una donna. O piuttosto una femminuccia.

                                                                               * * *

Occorre chiedersi allora quand’è che abbiamo perso il contatto con la realtà. Perché invece quegli arretrati del Medioevo avevano un metodo molto semplice per stabilire il sesso delle persone. Ovviamente non lo facevano con gli atleti, ma coi papi. Ogni neoeletto pontefice infatti si sedeva su una sedia forata, detta sedia stercoraria, e il diacono più giovane presente in sala lo tastava per assicurarsi che avesse gli attributi virili. Una volta trovatili, gridava: “Virgam et testiculos habet” (Ha pene e testicoli) e tutti gli altri ecclesiastici rispondevano: “Deo gratias!” E tanto bastava per distinguere un uomo da una donna, anche con tutti i travestimeti del caso. 

Il primo a pubblicare tale leggenda fu il cronista domenicano Giovanni di Metz nel 1240, ma la storia circolava già da almeno due secoli ad opera teologo e monaco ghibellino Sigeberto di Gembloux (1030-1112), il quale diceva di averla letta nel “Viris Illustribus” di San Girolamo. La leggenda fu poi ripresa da vari autori protestanti del 1500, secondo i quali ogni nuovo papa veniva sottoposto a un accurato esame per assicurarsi che non fosse una donna travestita (o - dio non voglia! - un eunuco) e pare sia sorta in seguito a un’altra leggenda medievale, quella della papessa Giovanna, al cui riguardo suggerisco la lettura dell’opera di Pietro Ratto, Le pagine strappate.

Ma come sappiamo, miti, leggende e bugie hanno sempre un fondo di verità. E la verità è che, mentre gli eunuchi erano aborriti da Yahwé e non potevano entrare a far parte del suo collegio sacerdotale (cfr. Levitico 21, 10-24, per limitarci a un solo passo biblico), al contrario i sacerdoti della dea erano quasi tutti eunuchi ed erano sottomessi alle sacerdotesse, donne che nelle civiltà mediorientali vissute 6000 anni fa avevano ruoli sociali consultivi e decisionali.

Qualcuno saprà già di cosa sto parlando. A beneficio degli altri ripubblico 5 articoli fatti di appunti ed estratti dal testo del 1976 di Merlin Stone, Quando dio era una donna.

La Stone analizza in una nuova chiave i reperti storici, le usanze e persino il lessico di quelle civiltà tramandati fino a noi dai testi più antichi, tra cui anche la Bibbia, evidenziano come le leggi e l’uso del linguaggio dei popoli invasori attestino la presenza diffusa di una religione della dea che non puniva e non minacciava i suoi accoliti.

Forse il contatto con la realtà è andato perso allora, quando gli invasori indoeuropei calarono dal Nord devastando le fiorenti civiltà mediterranee. Quello che stiamo vivendo ora è forse l’epilogo tragico di un’opera di distruzione iniziata molti millenni or sono. E forse questa nuova prospettiva fornirà una nuova comprensione del presente.

Buona lettura

Non tutto il Bene viene da lassù - UFO, Vril & Terra Cava

Qualche giorno fa ho visto l’interessante video di Marco Radius intitolato “Gli UFO nazisti, l’Antartide e l’Ammiraglio Byrd” (https://youtu.be/qX6oJimLMns?si=0iMsMcHU9JKvB-Ib), in cui si faceva riferimento anche all'Ahnenerbe, alle Vrildamen e l’UFO crash di Magenta.

I primi due temi sono abbastanza conosciuti, mentre il terzo mi era rimasto ignoto fino a un paio d’anni fa, quando traducendo il romanzo di Mario Giuliani Nebbie dal passato mi sono imbattuta nei documenti ufficiali del regime relativi al ritrovamento in Lombardia di un veivolo sconosciuto, lo stesso a cui si accennava nel video.

Il romanzo citato è un affasciante intreccio di due storie che si svolgono in due momenti salienti della nostra storia patria: il dodicennio nero e gli anni di piombo. Il libro s’interroga sulla reale esistenza dei fenomeni paranormali, delle entità incorporee e su quanto la scienza esoterica sopravanzi quella accademica e nel bel mezzo di questi interrogativi esistenziali il lettore s’imbatte in svariati QR Codes che trasformano la lettura del romanzo in un’esperienza multimediale, composta di link ai brani musicali ascoltati dai personaggi, copertine di giornali dell’epoca con eventi importanti e anche documenti desecretati come questi, in cui si parla proprio dell’UFO schiantatosi a Magenta.

La chiave di lettura con cui il giovane protagonista del romanzo riesce a dare un senso agli eventi del suo presente (gli anni ’70) e del passato è che un modo per capire il presente è proprio studiare la storia, e quella d’Italia è piena di segreti di Stato che stanno per venire alla luce.

Come accennavo sopra, il libro parla anche delle Vril Damen, reclutate dall’Ahnenerbe per canalizzare messaggi importanti dalle entità che avrebbero dovuto guidare i nazisti alla conquista di Shamballa:

“Il Cancelliere tedesco continuava a fissare il dispaccio col suo sguardo magnetico e intenso. Infine balzò in piedi e attraversò la stanza, mentre i cani lo osservavano in silenzio. Stava pensando a quello che gli aveva detto la sua spia italiana, molto vicina al Duce. Non gli piacevano gli Italiani, ma apprezzava Mussolini, gli sarebbe piaciuto anche come amico forse, e poi era il leader di una nazione di cui il Cancelliere aveva bisogno di sapere tutto. Sapeva molto bene, per esempio, cosa fosse il relitto salvato di cui si parlava nel dispaccio. Le Vrilerinnen, le medium in contatto con entità extraterrestri e sulle quali aveva sempre fatto affidamento durante la sua ascesa al potere, l’avevano informato di una sconvolgente verità che aveva saputo sfruttare negli anni precedenti per aumentare il suo potere. Pensò ancora alle donne e soprattutto alla loro guida: Maria Orsic”.

 


Il cancelliere tedesco nel 1933 era chiaramente Hitler; traducendo il testo ho sentito la necessità aggiungere alcune note esplicative circa l’attività delle Vrilerinnen:

“Maria Orsic e le altre Vrilerinnen, o Vril Damen, affermavano di ricevere nelle loro esperienze medianiche disegni e messaggi scritti in accadico dagli alieni-ariani di Alpha Tauri, che si trova nel sistema binario di Aldebaran, nella costellazione del Toro, 68 anni luce lontano dalla Terra. L’astronomia ufficiale ha scoperto solo ne 1997 che Aldebaran costituisca un sistema binario; a loro l’aveva detto l’alieno.

Il segno di riconoscimento delle Vrilerinnen era la lunghissima coda, che secondo certe tradizioni esoteriche conferisce forza medianica e mistica, poiché i capelli sono un'antenna che permette di captare messaggi dal cosmo.

Nel 1919 Maria Orsic affermò di aver ricevuto i dati tecnici per la costruzione di una macchina volante. Secondo le sue visioni, gli abitanti di Aldebaran avrebbero visitato l’antico Medio Oriente, portando con sé la civiltà che avrebbe dato origine all’Impero Accadico, fondato da Sargon I.

Altri messaggi ricevuti da Aldebaran affermavano che la popolazione della stella era stata divisa tra il “Popolo Divino della Luce”, cioè gli alieni-ariani alti, biondi e con gli occhi azzurri, e le razze geneticamente degenerate. La consistente espansione della stella avrebbe spinto gli alieni-ariani ad abbandonare il loro pianeta 500.000 anni fa per colonizzare nuovi pianeti, a partire da Mallona (Marduk), situato tra Giove e Marte, dove oggi si trova la fascia degli asteroidi; per raggiungere poi lo stesso Marte e infine la Terra.

Nel 1922 la Thule e la Vril Gesellschaft affermarono di aver iniziato la costruzione di una macchina volante discoidale chiamata Jenseitsflugmaschine (Macchina Volante dell’Altro Mondo) grazie ai messaggi degli Aldebarani. L’apparecchio sarebbe stato composto da tre dischi generanti un campo magnetico, il quale, alimentato dal Prana o dal Vril, avrebbe creato un “buco bianco” che avrebbe generato un passaggio inter-dimensionale dalla Terra ad Aldebaran.

Tale “triplice disco” volante somigliava ai Vimana, i carri celesti descritti nella Bhagavad Ghita e nel Ramayana, due dei più antichi testi sacri indù. Nel 1924 il progetto fu sospeso e il prototipo immagazzinato ad Augusta. 

Trattandosi di una relativamente breve nota esplicativa non ci si poteva dilungare ulteriormente, ma si sarebbe dovuto dire molto di più. Ad esempio, il nome ufficiale della Vril Gesellschaft era Alldeutsche Gesellschaft für Metaphysik: Società pangermanica per la metafisica.

Essa fu creata nel 1921 a Vienna da un gruppo che comprendeva anche Adam Alfred Rudolf Glauer, alias “Barone Rudolf Freiherr von Sebottendorff”, che si era fatto un nome (o meglio, uno pseudonimo) negli ambienti occultistici germanici per aver fondato la Thule Gesellschaft. Assieme a lui a Vienna c’erano anche Karl Hausofer, padre della geopolitica tedesca, e la medium Maria Orsic. Questa loggia ufficiosa era in contatto anche con la neo-gnostica Societas Templi Marcioni  e naturalmente con l’onnipresente Hermetic Order of the Golden Dawn.

La Vril Gesellschaft aveva molti punti all’ordine del giorno: oltre a studiare le rivelazioni che ricevevano le medium, i suoi membri indagavano l’avvento della Nuova Era, cercavano la lancia di Longino e il magico accesso al regno di Shamballa ed erano convinti che la vera fonte d’energia fosse non il sole, ma il Sole Nero, che emetteva una radiazione invisibile all’occhio umano, detta Vril.

Tale energia avrebbe nutrito la razza ariana, che i membri della società ritenevano si fosse originata in Atlantide. Il termine Vril deriverebbe dall’accadico VRI-IL, “simili agli Dei” e secondo la società Vril indicava anche il nome della lingua parlata dagli Atlantidei o Tuleani, gli abitanti di Thule. Si pensava che riattivando tale lingua i discendenti degli aldebarani, che si erano nel frattempo rifugiati all’interno della Terra, sarebbe usciti dalla loro letargica esistenza sotterranea nella Terra Cava.

Ora, per una affascinante coincidenza junghiana, proprio nello stesso periodo in cui traducevo il romanzo di Giuliani da cui siamo partiti, stavo revisionando per conto del Rabdo Team “Il diario degli antichi”, un voluminosissimo saggio in cui si presentano le invenzioni tecnologiche dell’Ing. Porro grazie alle quali il ricercatore aveva potuto fare incredibili scoperte relative a una civiltà risalente all’Eocene (65 milioni di anni fa), i cui esponenti “hanno la coda e riposano in sfere sotterranee che contengono più sapienza di tutte le biblioteche del mondo (esistenti e bruciate)”. Potevano essere loro gli antenati degli Aldebarani affannosamente ricercati dai membri del Vril? Forse non è un caso che le scoperte dell'Ing. Porro, avvenute tra il 1963 e il 1974, si siano verificate proprio nella Pianura Padana, non lontano dai luoghi in cui si era schiantato nel 1933 il veivolo a cui Hitler tanto teneva.

Un’ultima annotazione prima di congedare il volenteroso lettore: pochi giorni fa mi sono imbattuta in quest’eccezionale intervista di Nicole Ciccolo al prof. Corrado Malanga e a Lamberto Rimondini, politologo, ufficiale del Genio e imprenditore. Tra le mille informazioni interessanti elargite dai due ospiti c’è anche qualche chicca relativa al già citato ufo crash del ’33. Buon ascolto ai curiosi.

https://www.youtube.com/live/EkZYmJPx_jc?si=4pJflcYfQIHLAMmJ

Per finire, laVril Gesellschaft era nota anche comeWahrheitsgesellschaft (Società per la Verità) e il suo motto era: Non tutto il Bene viene da lassù. 


Vale!

Roy Doliner & Benjamin Blech, I segreti della Sistina

Ha ragione l’ottimo Augias, quando nella Prefazione di questo eccezionale saggio artistico / indagine cabalistica / ricerca talmudica, dice di non voler anticipare troppo delle scoperte a cui i due autori sono giunti. Allora come redigere una nota di lettura svelando qualcosa, ma senza togliere il gusto di una futura, eventuale, lettura completa?

Iniziamo col ricordare che Michelangelo, nelle parole di suo padre, Ludovico, “secondo il calendario fiorentino, che conta dall’Incarnazione, nasce il 6 Marzo 1474, e secondo il calendario romano, che conta dalla Natività, è il 1475”.

Fin dalla nascita, la vita del grande artista è segnata dal binomio Firenze/Roma: non solo due città letteralmente “capitali” d’Italia, ma simbolicamente le patrie di due filosofie e due stili di vita totalmente opposti; lo scopo evolutivo di Michelangelo, durante tutta la sua esistenza, sarà proprio quello di riunire in un mistico ponte arcobaleno queste due città fiorite in riva a due fiumi. Ricordiamo quest’immagine del ponte e arcobaleno., perché riapparirà in seguito.

Solo qualche brevissimo cenno sull’educazione umanistica del Nostro, il cui nome, nel Medioevo e nel Rinascimento, era ancora assegnato nei casi in cui c’era stato pericolo per il neonato o per la madre al momento del parto. Ma quel nome richiama anche Mikha-el ha-Malakh, l’angelo difensore del popolo ebraico. E nessun altro nome avrebbe potuto “marchiare” e “manifestare” più pienamente il destino di Michelangelo.

Presso la corte dei Medici, infatti, il fanciullo riceve un’educazione totalmente fuori dai normali circuiti culturali dell’epoca: viene edotto in ebraico, cabala, Talmud e midrash da alcuni dei più valenti personaggi che arricchivano della loro presenza la corte di Cosimo de’ Medici e in seguito di Lorenzo il Magnifico; suoi insegnanti furono infatti Pico della Mirandola, Marsilio Ficino, il Ghirlandaio e Leon Battista Alberti.

Lo spirito di tolleranza e di fratellanza universale, che permette a Firenze di accogliere anche gli ebrei non come cittadini di seconda e terza classe, ma come più o meno onorati ma certamente ricercati (in senso buono) professionisti, non fa semplicemente breccia nel cuore e nella mente di Michelangelo: vi trova letteralmente la propria antica dimora, quasi come se l’artista avesse coscienza, o quanto meno incerti e vieppiù nitidi ricordi delle vite precedenti. Egli apprende con estrema facilità la lingua e i costumi giudaici e per tutta la vita cerca di far comprendere, attraverso la sua Opera, che tutti siamo Uno, e che la redenzione dell’anima può avvenire solo tramite l’Amore e la Bellezza, che per inciso, sono anche i nomi di due Sefirot: Tiferet la Bellezza e Hesed l’Amore.

Insomma, il genio fiorentino era in contatto con le potenze che secondo il misticismo ebraico hanno creato l’intero universo, e le sue opere lo dimostrano. Inutile però descrivere ogni singolo dettaglio. Offrirò qui solo brevi accenni ai “segreti” che in ogni capitolo del saggio mi hanno maggiormente affascinata e, per dirlo con Paolo e Francesca, li occhi mi sospinsero innanzi...

La Madonna della Scala

Perché cinque gradini? Perché cinque, secondo la cabala, sono i livelli dell’anima umana: nefesh, ruach, neshamà, chayà, yechidà, che corrispondono all’energia vitale, al corpo emotivo, all’anima (o corpo causale), allo spirito e all’anima unificatrice o trascendete che unisce l’uomo a Dio (Atman). “Il Talmud insegna che il carattere e la spiritualità di re Davide gli furono infusi col latte materno, e lo stesso Michelangelo disse una volta che la sua straordinaria abilità nel modellare il marmo era un dono che aveva ricevuto col latte della sua balia. Michelangelo sta suggerendo dunque che la Madonna, allattando, preveda come il destino di suo figlio sia quello di trascendere i cinque stadi dell’anima umana e ricongiungere l’uomo a Dio. Nella mitologia greco-romana vi sono per altro altri interessanti cenni a come sia proprio il nutrimento a trasformare il destino di un personaggio. Un esempio per tutti: Eracle e Ificle sono entrambi figli di Alcmena, ma mentre il primo è stato concepito con l’olimpio Zeus, il secondo è figlio del terrestrissimo Anfitrione, sposo di Alcmena. La semi-divinità di Ercole però, per non andare persa, va in qualche modo “rafforzata”, e per questo Zeus fa allattare il piccolo con l’inganno dalla divina Era, il cui latte rende invincibile l’eroe. 

Crocifisso, chiesa di Santo Spirito, Firenze

Significativo che Michelangelo abbia scolpito con cura e precisione non solo la parte anteriore dell’Appeso divino, ma anche quella posteriore, quasi a suggerire l’idea che “l’essenziale, pur essendo invisibile agli occhi”, c’è, e il creatore (in questo caso il microcosmico scultore) ne è cosciente proprio perché ha creato sia ciò che si vede che ciò che non si vede.

L’attenzione dell’artista giunge fino a scolpire anche i peli del torace e delle ascelle del Cristo. Pare abbia addirittura crocefisso un cadavere spirato di fresco per vedere come i muscoli si sarebbero disposti attorno ai chiodi! Pratiche che a noi moderni paiono strane e macabre, ma all’epoca non pochi pittori e scultori si trasformavano nottetempo in tombaroli e ladri di cadaveri, o pagavano qualcuno che lo facesse per loro, per vivisezionare i cadaveri dei criminali uccisi in giornata e studiarne l’anatomia. E molti erano amici dei medici, che avevano tra gli Ebrei i loro esponenti migliori, al punto che persino papi antisemiti come Giulio II avevano tra i chirurghi di corte vari anatomisti giudei.

Interessante scoprire che sul crocifisso il Nostro non riporta il classico INRI, ma l’intero titulus crucis in tre lingue: latino, greco ed ebraico. La frase ebraica, ovviamente, è scritta da destra a sinistra, ed è seguita dalle altre due iscrizioni a rovescio, ma non dice, come ci si aspetterebbe, “re dei Giudei”, bensì “re dai Giudei”: Michelangelo corregge infatti il sintagma melech-ha-Yehudim in melech-me-Yehudim, ad indicare che “il Gesù adorato dalla Chiesa era ebreo e proveniva dal popolo ebraico e dalla sua fede”.

Magari questo concetto adesso può sembrare scontato, ma per arrivare a formularlo (e mettendo tra parentesi la tragedia nazista) ci è voluto il Concilio Vaticano II e il definitivo abbandono, da parte della Chiesa, dell’idea degli ebrei “deicidi”, con relativa proclamazione che in realtà essi sono nostri “fratelli maggiori”. Michelangelo non solo lo scrive sul crocefisso, ma lo dipinge in tutta la Cappella Sisitina. Con cinquecento anni di anticipo, e a rischio di finire appeso pure lui, o arso vivo come Giorndano Bruno.

Passiamo ora a un paio di temi un po’ scabrosi. Dell’omosessualità dell’artista nessuno ormai fa più mistero, né ci si scandalizza oggigiorno per le tendenze “strane” degli artisti in generale. D’altra parte, ai geni ribelli si è sempre perdonato un po’ tutto, forse proprio perché, ponendosi volontariamente fuori dalla “normalità” civile, tanto preziosa per la società borghese, non fanno così tanta paura.

Le cose sono cambiate nel XX secolo quando invece “i diversi” hanno voluto manifestare la propria essenza all’interno della società civile ed essere da questa accettati. E in questi nostri assurdi tempi “woke” siamo giunti quasi al rovesciamento di questo fenomeno, per cui “per rispetto della diversità altrui”, una normalissima madre e un normalissimo padre adesso si trovano a dover firmare le pagelle dei figli sotto i riquadri dedicati al “genitore 1” e “genitore 2”… Mi chiedo quand’è che si tornerà a guardare il corpo umano come tempio dello spirito, e la sessualità tornerà alla sua primigenia funzione di elevazione dell’uomo alla sua parte più divina, a prescindere dal sesso fisico delle due anime che s’incontrano nello specchio degli occhi?.

Michelangelo pareva vivere già quella situazione “edenica” e perciò le sue “allusioni” (tutt’altro che velate) alla pansessualità sacra invadono letteralmente tutta la cappella (mi si scusi il pruriginoso bisticcio di parole). Un esempio? Gli autori fanno notare, quasi ridendo sotto i baffi, l’allineamento della bocca di Eva coi genitali di Adamo nel pannello della Tentazione. Se la testa di Eva fosse girata di 180°, spiegano, la scena sarebbe decisamente “vietata ai minori”.

Ma con quell’immagine Michelangelo voleva mostrare proprio la purezza dei progenitori, e con ciò la totale, radicale e assoluta inesistenza del peccato originale. Aggiungiamo poi che, secondo un’interpretazione del Midrash, Dio non pone mai l’uomo in difficoltà senza offrirgli il rimedio, proprio perché scopo di Dio non è tentare l’uomo, ma disseminargli il cammino di “momenti di apprendimento”, che purtroppo, in questo sistema solare, pare non possano prescindere dal dolore. E così ecco “la caduta”, e la susseguente vergogna. Ma ecco che il buon Dio viene in aiuto alle sue creature, offrendo loro, dallo stesso albero da cui hanno colto il frutto della supposta colpa, anche qualcosa per coprirsi: le foglie di fico.

Già perché non di un melo si trattava, ma di un fico. E se ora questa interpretazione è un po’ più conosciuta (forse in Italia soprattutto grazie all’immensa opera divulgativa di Mauro Biglino), nel 14oo era nota solo a chi aveva dimestichezza con la letteratura ebraica, che il Buonarroti aveva appreso da Ficino e Pico. 

Non solo nella volta, ma anche nel Giudizio Universale il nudo regna sovrano, tanto che Giovanni Paolo II nell’omelia pronunciata nella Pasqua del 1994 poté affermare che “l’opera è pervasa da un’unica luce e da un’unica logica artistica: la luce e la logica della fede che la Chiesa proclama, confessando Credo in un solo Dio... creatore del cielo e della terra, e di tutte le cose, visibili e invisibili. Sulla base di questa logica, nell’ambito della luce che proviene da Dio, anche il corpo umano conserva il suo splendore e la sua dignità”, e per questo il nudo non è né osceno, né offensivo, ma umano e divino al contempo. Omnia munda mundis, diceva Fra Cristoforo.

Ancora due parole di tributo all’astuzia di Michelangelo, che ha celato non solo messaggi eccelsi d’amore, armonia, unione e fratellanza, ma anche potenti gesti di scherno rivolti ai suoi committenti. Mica solo i rapper moderni fanno dissing… Fin troppo facile farlo nel 2024. Provate a farlo nel Rinascimento, mentre siete ospiti/carcerati di un papa egotico e antisemita e gli state letteralmente disseminando la chiesa di messaggi filogiudaici e “porno soft omosessuale”! Come se tutto ciò già non bastasse, ecco che alle spalle di Zaccaria scorgiamo due puttini.

Guardate bene come sono disposte le dita della mano del biondino. Ora osservate le mani di quest’altro angioletto nel pannello della Sibilla Cumana. I casti e puri autori definiscono questo gesto “fare i fichi” e lo paragonano all’odierno “dito medio”... ma i dantisti ricorderanno un certo verso del XXV canto dell’Inferno:

“Al fin delle sue parole il ladro 
le mani alzò con amendue le fiche”

Michelangelo amava Dante, che aveva scoperto relativamente tardi, ma che aveva assimilato prestissimo (sia dal punto di vista del linguaggio che in relazione ai concetti esoterici) e perciò non è senza importanza che il gesto descritto dal Sommo Poeta venga immortalato dall’artista non una, ma due volte, come “amedue” sono le mani che il personaggio del canto summenzionato leva a Dio...

Ma la maestria di Michelangelo non finisce qui. Troviamo infatti nel duplice gesto un magnifico climax: infatti qui non è un ladro che leva il gesto verso l’alto, bensì due puttini che indirizzano il gesto verso il basso, venti metri più in basso, dove l’ignaro papa Giulio II crede di vedere se stesso glorificato nel personaggio del profeta Zaccaria, che Michelangelo ha dipinto col suo volto, mentre l’immagine allude al fatto che se la Chiesa non abbandonerà il culto dell’oro e del lapislazzulo (le due materie prime di base che dovevano servire per formare i due colori dello stemma papale, l’oro e il blu) accadrà ad essa lo stesso che è accaduto al disperso popolo ebraico. E mi pare che con Bergoglio la Chiesa stia correndo incontro al suo destino a passi da Nefilim!

Non a caso l’altro puttino si affaccia sfacciato dal pannello della sdegnosa sibilla cumana, che ammonisce il superbo Tarquinio e si fa pagare i libri sibillini quattro volte più del prezzo originario donandogliene però solo un terzo, in quanto gli altri due terzi sono andati distrutti nel fuoco della superbia del re.

                                                                                       * * *

All’inizio di questa nota di lettura abbiamo alluso a certo un ponte arcobaleno, che è quello che Michelangelo ha voluto gettare tra la fede antica e la fede moderna. Il mondo in cui viveva, infatti, era dilaniato non solo dalle divisioni tra le tre grandi fedi veterotestamentarie, ma ormai anche all’interno dello stesso cristianesimo c’erano dissidi a non finire.

Lui che viveva all’insegna della Bellezza e alla ricerca dell’Amore, alla fine della sua esistenza fu letteralmente graziato dall’incontro con un certo “Cavalier” che ha tinto materialmente di azzurro cielo i suoi ultimi anni. E dal ceruleo sfondo del Giudizio Universale, ricavato dalla costosissima polvere di lapislazzuli (che questa volta non doveva pagare lui, ma era stata inclusa nel contratto e quindi poteva usarne e abusarne), la scena trascolora in uno smagliante verde smeraldo, che si eleva fino all’oro di un altro ponte, quello che conclude la Fiaba di Goethe, già citata più volte in questo blog.

La mercuriale serpe verde fa sacrificio di sé affinché gli altri possano salvarsi: Essa dissolve il proprio individualismo di “serpente” per dedicarsi al servizio altruistico e trasmutarsi in “ponte” e favorire così l’unione del passato col futuro, del maschile col femminile, del materiale con lo spirituale, dell’umano col divino.

Giacché Dio è nei dettagli, e solo nella caduta troviamo l'ascesa.
Proverbio cabalistico.

I Tre Linguaggi - Jakob e Wilhelm Grimm

C'era una volta in Svizzera un vecchio conte che aveva un unico figlio, che era così
stupido da non riuscire a imparare nulla. Allora il padre disse: “Figlio mio, per quanto io faccia, non riesco a cacciarti niente in testa. Devi andartene via di qui; maestri insigni proveranno a far ciò che io non ho potuto”.

Il giovane fu mandato quindi in un'altra città e rimase presso un Maestro per un intero anno, al termine del quale tornò a casa. Il padre gli chiese: “Cos’hai imparato?” Il figlio rispose: “Ho imparato quello che abbaiano i cani”. “Dio ci salvi!” esclamò il padre “Tutto qui? Andrai in un'altra città, presso un altro Maestro”.

Il giovane andò e stette via per un altro anno. Quando ritornò, il padre chiese: “Cos’hai imparato?” Il figlio rispose: “Ho imparato il linguaggio degli uccelli”. Allora il padre andò in collera e disse: “Sciagurato! Hai perduto tutto quel tempo prezioso senza imparare nulla e non ti vergogni di comparirmi davanti? Ti manderò da un terzo Maestro, ma se anche questa volta non impari nulla, non voglio più essere tuo padre”.

Così il giovane fu portato da un terzo Maestro presso il quale rimase un altro anno. Quando finalmente tornò a casa, il padre gli chiese: “Cos’hai imparato?” “Caro babbo” rispose “quest'anno ho imparato quello che gracidano le rane”. Allora il padre andò su tutte le furie, balzò in piedi, chiamò la servitù e disse: “Quest'essere non è più mio figlio, io lo scaccio e vi ordino di condurlo nel bosco e ucciderlo”. Essi lo presero e lo condussero fuori, ma al momento di ucciderlo ne ebbero pietà e lo lasciarono andare. Poi strapparono a un capriolo gli occhi e la lingua e li portarono al vecchio come prova della sua morte.

Poiché‚ questa era la sua volontà, il giovane si mise in cammino e dopo qualche tempo giunse a un castello dove chiese asilo per la notte. “Se vuoi pernottare laggiù nella seconda torre” disse il castellano, “va' pure, ma ti avverto che rischi la vita: è piena di cani feroci che abbaiano e latrano senza tregua e, a ore fisse, bisogna consegnare loro un essere umano che essi divorano subito”.

Per questo, nella zona ognuno era in lutto e in gran tristezza e nessuno sapeva cosa fare. Il giovane disse: “Lasciatemi andare da quei cani feroci e datemi qualcosa da gettar loro in pasto; a me non faranno nulla”. Gli diedero un po' di cibo per gli animali e lo condussero giù alla torre. Quando entrò, i cani gli scodinzolarono intorno amichevolmente senza torcergli un capello e mangiarono ciò ch’egli mise loro davanti. Il mattino seguente, con grande stupore di tutti, uscì sano e salvo dalla torre e disse al castellano: “I cani mi hanno rivelato nel loro linguaggio perché devono arrecar danno al paese: sono stati stregati e devono custodire un gran tesoro nella torre e non si cheteranno finché non sarà dissotterrato. I loro discorsi mi hanno rivelato come fare”. A queste parole tutti si rallegrarono, e il castellano disse: “Se riesci a recuperare il tesoro, ti darò in sposa mia figlia”. Il giovane accettò l'impresa, disseppellì il tesoro e i cani sparirono. Così sposò la bella fanciulla e vissero insieme felici.

Dopo un certo periodo di tempo i due si misero in viaggio per recarsi a Roma. Lungo il cammino passarono davanti a uno stagno in cui gracidavano delle rane. Il giovane conte capì ciò che stavano dicendo, ed era triste e pensieroso, tuttavia non disse nulla alla moglie

Infine giunsero a Roma: il papa era appena morto e fra i cardinali c'era grande incertezza su chi dovesse essere designato come successore. Infine convennero che sarebbe stato eletto papa colui che avesse manifestato un segno miracoloso della volontà divinaAvevano appena preso questa decisione quando in chiesa entrò il giovane conte, e subito due colombe bianche come la neve gli si posarono sulle spalle e là rimasero. Il clero riconobbe il segno divino e, senza indugi, gli domandò se volesse diventare papa. Egli era esitante e non sapeva se ne fosse degno, ma le colombe lo convinsero ad accettare e rispose di sì. Allora fu unto e consacrato, e così si compì ciò che, con tanta costernazione, egli aveva udito dalle rane per strada: che sarebbe diventato il Santo Padre
Poi dovette cantar messa, ma non ne sapeva neanche una parola. Le due colombe però gli stettero sempre sulle spalle e suggerirono ogni parola che doveva dire.

                                                                                        ***

Con buona pace dei massoni, I Tre Linguaggi è la trentatreesima fiaba della raccolta delle fiabe popolari, intitolata Kinder- und Hausmärchen e pubblicata da Jakob e Wilhelm Grimm per la prima volta nel 1812.

In un lavoro precedente in cui mi sono occupata delle fiabe alchemiche (e da cui, se a qualcuno interessa, prossimamente pubblicherò degli estratti) non ho focalizzato l’attenzione su questo breve ma affascinante testo, che ora riceve finalmente la dovuta considerazione.

Molti sono gli indizi che ci permettono di classificare questo testo come fiaba alchemica:

- in primo luogo, la “stupidità” del protagonista è una caratteristica fondamentale, che pone il personaggio in una situazione di ignoranza intellettuale e ingenuità d’animo totali, che sono la base su cui potrà essere edificata la vera conoscenza;

- tale conoscenza si sviluppa in tre anni consecutivi presso tre Maestri differenti, in tre città diverse, e consiste nell’apprendimento del linguaggio, rispettivamente, dei cani, delle rane, degli uccelli.

- Il Cane è un animale terrestre, la rana è una bestia acquatica e gli uccelli sono naturalmente delle creature volatili. Essi rappresentano quindi la conoscenza dei segreti dei primi tre elementi: Terra, Acqua e Aria.

- Il Fuoco, al negativo, viene incarnato dall’ira distruttrice del vecchio conte, che rinnega la paternità su un figlio così stupido, e ne ordina l’uccisione.

- L’aspetto positivo del Fuoco è rappresentato dal capriolo che viene immolato al posto del figlio (scena che potrebbe sembrare di biblica memoria, ma che è molto più antica rispetto al racconto biblico, e si perde nelle saghe degli antichi Celti e Germani) e al quale vengono strappati occhi e lingua.

- Ma il Fuoco potrebbe essere simboleggiato anche dalle due colombe che si posano sulle spalle del protagonista. Nei trattati e dizionari alchemici, infatti, viene sovente ricordato come uno stesso simbolo e una stessa figura possa assumere vari significati, sia a seconda della fase dell’opera in cui compare, sia a seconda della volontà dell’autore stesso, che parla “per enigmi” perché così vuole l’Arte. Cristianamente, quindi, la Colomba è il simbolo dello Spirito Santo, il Fuoco divino, ma alchemicamente è anche simbolo dell’Opera al Bianco, che contraddistingue il coronamento delle prime “Nozze Chimiche”, al termine della fase di Albedo.

Ricordate le tre scimmiette (che poi sono quattro...) “Non vedo - non sento - non parlo”? La sorte del capriolo ci mostra che il nostro giovane conte (in tedesco Graf, e qualunque buon esoterista sa che non è per caso se il termine tedesco allude alla Grafia e l’italiano al far di conto...), grazie ai tre anni di apprendistato, si trova ora nella condizione di chi è abbastanza saggio da tacere e da non guardare troppo, e abbastanza cosciente di sé da sapere di non sapere, e quindi di essere pronto ad ascoltare.

- Le tre lingue quindi non sono altro che il linguaggio segreto impiegato dagli Alchimisti per comunicare senza tema di essere scoperti. Nel libro Le Mystère des Cathedrales l’Iniziatio Fulcanelli definisce tale codice segreto “linguaggio degli uccelli” e “lingua verde”, richiamata, nella fiaba, dal colore delle rane:

"la Lingua degli Dei o degli Uccelli è madre e signora di tutte le altre lingue dei filosofi e dei diplomatici. È quella lingua della quale Gesù svela la conoscenza ai suoi apostoli, inviando loro lo Spirito Santo. Essa insegna il mistero delle cose e svela le più nascoste verità. Gli antichi Incas la chiamavano Lingua di corte, perché era conosciuta dai diplomatici, ai quali forniva la chiave d'una duplice scienza: la scienza sacra e la scienza profana. Nel Medioevo era chiamata Gaia scienza o Gaio sapere, Lingua degli dèi, Diva-Bottiglia. La Tradizione ci tramanda che gli uomini la parlavano prima della costruzione della torre di Babele. L'argot è una delle forme derivanti dalla lingua degli uccelli".

- Quanto ai cani, simboli alchemici dello Zolfo e dell’Oro, occorre rilevare due dettagli: in primo luogo, essi si trovano nella seconda torre e custodiscono un tesoro sotterraneo. Costituiscono perciò un chiaro richiamo al “come in alto, così in basso”, e indicano inoltre che il conte, realizzato il primo matrimonio alchemico, quello tra i suoi quattro elementali, è pronto ora per le seconde nozze, quelle con la figlia del castellano.

I cani sono anche un’anticipazione del finale: riuscendo a comprenderli e a domarli, il conto ne diviene Signore: Dominus Cani, con un significativo richiamo  all’ordine religioso omonimo.

- A nozze avvenute, i due sposi riposano un po’, com’è richiesto alla materia che ha raggiunto il color bianco, e poi si rimettono in viaggio. Abbiamo già citato parzialmente il simbolismo della rana, animale verde e acquatico che richiama il secondo Solve che occorre attuare ora. La materia purificata deve infatti abbandonare le ultime impurità, per questo il protagonista si rattrista: deve rinunciare a una parte di sé (la moglie) per assurgere a uno status superiore.. In realtà questa rinuncia però non è una perdita, ma un’integrazione. Una volta assunte in sé le caratteristiche del femminile, ne deve abbandonare le limitazioni. La sua nomina a Pontifex rappresenta proprio questo, la sublimazione del fisico nello spirituale e richiama pure i finale di un’altra Fiaba, ancora più simbolica: mi riferisco alla “Fiaba della Serpe verde e della bella Lilia” di Goethe, di cui ho scritto qui https://stellapik.blogspot.com/2024/05/la-fiaba-di-goethe-e-la-magia-verde_9.html

Giunto a Roma, due colombe si posano sulle sue spalle, a segnalare ai cardinali in conclave che è proprio lui l’eletto che dovrà salire al soglio pontificio. Queste due colombe che si posano sulle spalle del protagonista non sono un unicum nella raccolta grimmiana. Le ritroviamo anche in Aschenputtel, ovvero Cenerentola, quando la fanciulla convola a giuste nozze col principe e due colombe le si posano sulle spalle e lì restano durante tutta la cerimonia. Alla fine della celebrazione, ciascuna colomba cava un occhio alle due sorellastre, di modo che la loro cecità divenga la manifestazione esterna della loro cattiveria e falsità. Nella fiaba che stiamo esaminando adesso, invece, le colombe contribuiscono a creare una scena lievemente ironica, in quanto il giovane Papa (ogni riferimento è puramente casuale) capisce tre lingue, parla la “Lingua degli Uccelli” di fulcanelliana memoria, ma non sa nulla di latinorum, come direbbe Renzo, e così le colombe gli suggeriscono come cantar messa. Dopotutto, le lingue sono uno dei sette doni dello Spirito Santo, e come abbiamo visto, oltre ad essere il simbolo alchemico della volatilizzazione del fisso, le colombe sono anche il simbolo religioso della Terza Persona della Trinità.

Troviamo nel finale di questa fiaba alcune affinità col Gregorius, detto anche Il buon peccatore, opera del cantore tedesco Harmann von Aue, che risale alla fine del XII secolo e che prende spunto da una leggenda cortese tedesca.

Nel Medioevo, col proliferare e l’espandersi delle piccole corti tedesche all’interno dell’enorme Sacro Romano Impero Germanico, il potere temporale (la corona imperiale) doveva trovare un ambito in cui potesse mostrarsi superiore al potere spirituale (il papato), dal quale per un millennio era stato legittimato.

Questo tentativo di sopraffazione degli imperatori sui papi (tentativo ancora in corso, considerato il fatto che ancora nel XXI secolo le parole dei papi – e peggio ancora, quelle degli antipapi e dei papi neri, hanno più risonanza mediatica dei discorsi dei potenti) emerge anche nella letteratura, che è sempre lo specchio della società.

Nelle opere tedesche il fenomeno del “cesaropapismo” è però risolto per intervento divino, infatti, quando i vescovi non sanno a che santo votarsi per eleggere il nuovo papa, il candidato viene loro indicato tramite inequivocabili segni divini che per miracolo mostrano l’imperscrutabile volontà divina, laddove invece nel mondo reale l’elezione del successore al soglio pontificio spesso non aveva nulla di divino e si realizzava per mezzo di umanissime lotte tra famiglie. Ma questa è un’altra storia.

Vale!

Stritolata