
S’inizia sempre così: dallo sguardo di uno sconosciuto
che ci rende raggianti. Forse è impossibile non essere belli quando si è felici,
e la tua frase mi basterà almeno per una settimana: “a volte tocchi
contemporaneamente il punto dove provo dolore e piacere”… Prima di te, ogni
contatto col mio corpo mi sembrava nuovo, mi rallegrava e atterriva allo stesso
tempo, come se stessi scartando un regalo rubato.
Magari potessi saltare la fase delle spiegazioni e della logica, come se tu sapessi già tutto, subito, e mi accettassi nella mia totalità. Come se fossi già racchiusa in te, al punto che, quando aprirò gli occhi, ti vedrò sorridere e dire: “Voglio conoscerti di più”. Ovviamente il nostro rapporto dovrà mantenersi nella più completa segretezza, perché ciò che diciamo non venga rivolto contro di noi.
Ti dai con semplicità e mi hai accordato fiducia ancor
prima di conoscermi. Forse sentivi che stavi finalmente facendo lo sbaglio
giusto.
È durato un secondo, non di più, nel silenzio totale.
Dopo un attimo i nostri sguardi si sono separati e in cuor mio ho pensato che
volevo darti qualcosa di molto personale, non scappare, il tempo con te è
diverso, circolare, e ogni momento si trova esattamente alla stessa distanza
dal centro.
Se ti ho messo in imbarazzo, non me ne scuso: la nostra non è una conversazione da salotto. Con te, ritirarsi è un delitto. Sai invece qual è stato il vero delitto? Quando ti sei descritto riassumendoti in una sola frase, oltretutto tra parentesi. Se davvero ti senti tra due quadre, permettimi di infilarmici dentro anch’io, tutto il mondo rimarrà fuori, sarà solo l’esponente al di fuori della parentesi mentre noi moltiplicheremo noi stessi al suo interno. Se non fosse stato per quella parentesi irritante, avrei riso.
Se tu mi voltassi le spalle prima di avermi veramente incontrata, sentiresti di aver rinnegato il tuo vero io, nelle cui “profondità misteriose” derisero – voglio – pretendo una visita guidata, senza il tuo solito, eterno silenzio. Leggo le tue frasi taglienti e penso: mi viviseziona come se non gli avessi suscitato alcuna emozione e si emoziona come se non avesse nessuna capacità di analisi. Chi è veramente? Poi, improvvisamente, le tue labbra hanno tremato e ti è sfuggito un “non” piccolo e impudente: “avrai già notato” mi hai detto”, “che non mi spaventa la passione vera nei rapporti e nei sentimenti. Mi spaventa la distanza che nasce da passioni troppo forti, come i famosi porcospini della favola.
Per questo voglio che tu sappia tutto di me, per
evitare ogni incomprensione. Voglio che tu mi conosca nella nudità dei miei
piccoli calcoli e delle mie ansie meschine, nella mia stupidità e nelle mie
vergogne. Allora mi potrò stringere a te, e anima contro anima. Pensandoci, improvvisamente
hai avuto una sorta d’illuminazione: forse temi le incomprensioni perché io
soffoco nelle parole, e ricorso tutto, ma a modo mio. Non credi?
Che choc quando mi hai accusata di ciò, sì, perché l’ho presa come un’accusa! Io ricordo tutto: hai detto che probabilmente provo una sorta di claustrofobia nelle “loro parole” e per questo senso di soffocamento a volte ansimo… In momenti come quelli vorrei urlare di andare al diavolo alle leggi della natura e della società, che impongono a un’anima di accontentarsi della propria esistenza, racchiusa nella propria pelle. Ma a dire il vero, quell’urlo lo sento sempre, e lo capisco subito. Non nelle orecchie, ma nello stomaco, nel battito del cuore. Anche tu lo senti, hai sentito così anche me.
Per tutta la vita ci “accontentiamo”, e con te voglio oltrepassare
tutto, con passi ampi e gesti generosi, infatti, come potrei mai fermarmi nel
momento in cui inizierai a svelarmi qualcosa di profondo? Non la religione, bensì
il sesso è l’oppio dei popoli; noi avremo l’eros.
Ci sono profumi che mi fanno impazzire subito, e allora un’intera vita mi passa davanti in un soffio. E quando c’incontreremo, perché alla fine ci arrenderemo… Ci arrenderemo, ti è chiaro, vero? Muoio dalla voglia che avvenga un miracolo e che tu mi compaia davanti per caso, in strada…
***
Ho provato a uscire, ma non sono riuscita a superare
il cancello del manicomio. Ti irrita il fatto che pur essendo chiusa qui dentro
io riesca a penetrare nei tuoi pensieri? Una volta mi hai risposto che solo
grazie al nostro incontro hai ricominciato a sognare. Allora permettimi di
scrivere il mio diario su di te, perché era come avevi detto tu: “nel punto in
cui ti sono più vicino, sono anche più sfuggente che mai, ma ogni volta che non
mi vedrai, sarò presente”. Che ne sarà di noi, ora? Ogni tanto ti capita di
sprofondare in te stesso anche in mia presenza, la tua voce roca si parla
dentro e per un attimo io mi sento solo un mezzo. È una cosa terribilmente
seria.
E poi, inaspettatamente, ti sei fermato e con un gesto sub-lime
mi hai sollevato le gambe, le hai posate sulla tua spalla destra, ci hai
poggiato sopra la testa e io ho pensato: “Musica, Maestro!”, e per un attimo siamo
stati come il musicista e il suo strumento e quell’unione ci ha infiammati fino
a farci bruciare.
Bis! Ter!
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