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Be my knife - 5. Della coppia e d’altri coltelli

“Te l’avevo detto”...
Il mahamantra della vita matrimoniale.

Ridiamo ogni volta una coppia accanto a noi si aggredisce così perché tra noi c’è un legame indescrivibile a parole, che non nasce nelle parole, ma nel corpo, nel contatto, nelle sensazioni sottopelle. E sappiamo anche che in effetti non dovremmo ridere, ma mostrare con l’esempio cos’è l’amore.

Come quella volta che hai iniziato a rivestirti e mentre io ti aiutavo, un indumento dopo l’altro, per tutto quel tempo hai baciato le mie lacrime, e hai finalmente capito che, per proteggermi da te, avresti dovuto semplicemente rimanere con me, per sempre. Me lo promettesti quasi per scherzo, ma era anche una verità profonda e il logico destino di due persone, di una coppia - una coppia un po’ strana, al punto che persino alcuni nostri amici non sempre capiscono come possiamo stare insieme, e a dirla tutta, talvolta nemmeno noi lo sappiamo: l’amore ci ha trasformati. 

A quel punto ci siamo riposati un po’, assaporando in silenzio l’eterna promessa. Difficile descrivere l’intensità di quel momento. Entrambi ci affiniamo ogni giorno in vista della perfezione, ci alleniamo a distillare l’essenza della nostra coppia. In tanto tempo insieme ci siamo fusi l’uno nell’altra, e a volte mi sento come se avessimo assunto un terzo sesso, quello del matrimonio, e i nostri corpi, ormai disciolti l’uno nell’altro, fossero diventati il punto di approdo della passione, e non più il mezzo per soddisfarla. Siamo ormai la stessa carne e a volte è davvero terribile: io ti sento tutto, sento tutto di te, ogni pensiero, ogni ripensamento. E tu vedi tutti i miei sbalzi. E ami ciascuno: quelli che mi fanno approdare a te, e quelli che mi fanno disperdere in un mare di lacrime, come Alice.

Siamo diventati l’uno per l’altra luce, calore, sangue; il tessuto stesso della vita. Per questo tutto è anche così complicato, perché nel bene e nel male, siamo pur sempre ancora due persone. Le altre coppie si amano pigiate nel barattolo del matrimonio, dove ogni respiro sottrae ossigeno e inavvertitamente, inconsapevolmente, s’inizia a tenere una contabilità meschina con la persona che si ama di più. Alla fine tutto diventa calcolo, bilancio e ci si rinfaccia di tutto: chi guadagna e chi lavora di più, in casa o fuori, chi ama e accudisce meglio i figli, persino chi prende più spesso l’iniziativa a letto e addirittura chi interrompe per primo un bacio.

Una volta ho sentito dire che un triangolo non è necessariamente una figura instabile, anzi, “in un determinato contesto” può essere addirittura appagante e può persino arricchire, e il tizio sosteneva che fosse pure “conforme alla natura umana”, “almeno alla mia” ha concluso la sua perorazione al bar, suscitando un’enorme curiosità nel ristretto pubblico dei suoi accidentali uditori.

“A patto che sia equilatero” ha precisato subito qualcuno, “e che tutti i suoi lati siano consapevoli di far parte di un triangolo”… Voleva essere un rimprovero? Cosa sapeva la persona di quel tizio? Comunque il primo oratore ha risposto che chi non crede nella possibilità di una “geometria poetica” non potrà mai andare al fondo di tali problemi.

Per noi invece non ci sono figure poetiche, solo profili e ricordi, e se desidererai venire da me, sarà alla luce del sole, senza bugie, perché io non so più vivere negli anfratti. Quando sei con me, conosci alla perfezione il mio vocabolario più intimo. Radice della mia anima, radice della tua anima.

In tua assenza, le parole sbiadiscono, manca loro il rosso della vita e mi sento solo un accessorio in un culto privato.

***

Non è successo niente ma ho sentito che, piano piano, stavo uscendo dalle tenebre. Nel corso di un’intera vita trascorsa al fianco di una persona si può sperimentare tutto l’arco delle sensazioni umane. M’interromperò qui, viverti mi ha fatto molto piacere e anche molto male. Prometto che non ti scriverò e che non cercherò di mettermi in contatto con te. Non t’importunerò mai più. A malincuore chiuderò la porta che ti ho aperto con tanta gioia. Cala la sera, la pioggia si preannuncia nell’aria e io ti scrivo.

Talvolta c’è un foglio sotto la penna, ma la maggior parte delle volte sono appunti mentali. Negli ultimi giorni ho la sensazione che in qualche modo siamo compressi dentro quest’unica parola: “amore”. Correggimi se sbaglio. Correggimi!

Avevi ragione: in fondo stavo cercando un compagno per un viaggio immaginario. Non capisco cosa sia questo impulso che non mi abbandona senza darmi tuttavia alcun sollievo. Ogni volta giuro a me stessa di fermarmi un attimo prima che la mano apra il quaderno, ma la mano corre più veloce di me. Cerco anche di non pensare a te. Ma anche tu sei sempre più veloce di me. 
Non mi farò illusioni, ma sento i tuoi occhi sospesi sulle mie labbra: cosa vuoi che dica? Cosa potrei dirti che ancora non ti ho taciuto? Se mi rimane un desiderio voglio che tutte le mie parole diventino corpo.

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